Matteo Bianchini
Matteo Bianchini dopo aver conseguito la maturità scientifica, all’inizio degli anni ’90, si iscrive a chimica perché invaghito della professoressa di quella materia al liceo, dopo poco tempo scopre di aver sbagliato completamente indirizzo di studi e si iscrive a storia e filosofia, durante gli anni universitari fa di tutto per non studiare: suona la batteria in un gruppo girando l’Italia in lungo e in largo, lavora come babby sitter, pizzaiolo, friggitore, fioraio e istruttore di canoa ma nonostante tutto riesce a laurearsi. Scopre per caso, durante il servizio civile, la passione di insegnare ai bambini e così si diploma una seconda volta, da privatista, conseguendo la maturità magistrale.
Ha la fortuna di vincere subito un concorso come educatore asilo nido (uno dei rari casi di genere maschile) nel Comune di Firenze, dopo qualche anno diventa coordinatore pedagogico in Comune per il servizio asili nido e inizia a occuparsi della formazione degli adulti.
Inizia a collaborare con l’università come docente a contratto per il neonato corso di laurea di Scienze dell’Infanzia presso la facoltà di Scienze della Formazione di Firenze.
In quel periodo gli manca il lavoro manuale e così lavora come muratore per qualche anno.
Consegue l’abilitazione come insegnante di scuola dell’infanzia e di primaria e decide per quest’ultima. Dopo qualche anno approda per caso a Scuola-Città Pestalozzi e comincia la sua avventura come maestro in questa prestigiosa scuola. Qui conosce la pratica metodologica dell’educazione affettiva e relazionale e ne resta affascinato. In questi anni si interessa di disturbi dell’apprendimento nell’età scolare, di filosofia per bambini e di mediazione dei conflitti e diventa mediatore familiare dopo un master di due anni.
Ricomincia a collaborare per l’Università come docente a contratto presso il corso di laurea di Scienze della Formazione Primaria, a scuola, oltre a divertirsi e a imparare con i bambini si occupa della formazione e organizza corsi di aggiornamento per i colleghi.
I suoi allievi lo chiamano affettuosamente “babbuino”, lui si illude che sia una specie di storpiatura per “babbo”, in realtà probabilmente è perché i bambini hanno notato una certa somiglianza tra il loro maestro e la famiglia delle scimmie. Partecipa ad un progetto di ricerca, con altri due colleghi, in cui viene videoripreso durante le sue lezioni a scuola.
Da questa esperienza inizierà a nascere in lui l’idea di realizzare un film sull’esperienza della scuola; idea che si concretizzerà qualche anno più tardi con il film “Educazione affettiva”.
Oggi lavora part time a scuola perché ha un distacco parziale all’università come tutor coordinatore del tirocinio presso il dipartimento di Scienze della Formazione e psicologia.
Da quando aveva tre anni va a scuola e nonostante questo non riesce a stare seduto su una sedia per più di dieci minuti e dentro la stessa aula per più di due ore. Del suo lavoro gli piace soprattutto l’osservazione dei suoi alunni grazie alla quale continua ad apprendere e a non stancarsi di fare questo lavoro.
E’ un curioso a cui piace giocare; aspetti, questi, che lo spingono a pensare che, non potendo più tornare ad essere bambino, fare il maestro sia il mestiere migliore del mondo.
Paolo Scopetani
Paolo Scopetani si diploma alla metà degli anni '70 e inciampa subito (seguendo non propriamente una vocazione) nella scuola a tempo pieno di Bagno a Ripoli.
Scambiando quella rivoluzionaria esperienza pedagogica per il Paese dei Balocchi decide di rimanerci e, per giustificare almeno in parte il fatto che lo paghino, rubacchia il mestiere con gli occhi ai colleghi ben più preparati di lui.
Questi piccoli furti gli sono comunque sufficienti a vincere un paio di concorsi magistrali, cosicché negli anni '80 lo troviamo, per motivi peraltro indipendenti dalla sua volontà, a coordinare pionieristici progetti sperimentali, tra cui l'introduzione del computer nella scuola elementare.
Queste esperienze, svolte in collaborazione con le università di Firenze e di Roma, gli procurano una certa fama che, per quanto immeritata, lo costringe a scrivere articoli e svolgere attività di relatore, e perfino formatore, in corsi, laboratori, convegni, seminari.. organizzati da scuole ed altri enti ed istituzioni.
Sviluppata così una insospettabile capacità mistificatoria viene chiamato a partecipare ad alcuni documentari prodotti dal D.S.E. della R.A.I. Ma il colmo dell'impudenza lo raggiunge quando, pur non essendo mai riuscito a laurearsi, viene fatto addirittura oggetto di tesi.
Ormai obbligato ad impersonare il ruolo di educatore esperto ed autorevole ricopre numerosi incarichi, che altri sfuggono senza rimpianto, e si trova coinvolto, negli anni '90, nella sperimentazione "Anticipo dell'obbligo scolastico, continuità scuola dell'infanzia - scuola elementare" in collaborazione con l'università di Firenze ed i comuni di Bagno a Ripoli e Scandicci; una volta di più gli vengono affidati compiti e responsabilità che assolve con una spregiudicatezza e faccia tosta pari solo all'incoscienza.
Preso in una spirale che gli impone di alzare la posta del bluff decide di passare a Scuola Città Pestalozzi, dove ottiene il gradimento anche grazie al fatto che nel 2008 il numero dei posti a disposizione è pari a quello dei candidati.
Dopo aver preso servizio nella prestigiosa sede scolastica stringe una immediata complicità con il collega Matteo Bianchini, che da tempo insegue l'idea di girare un film con i suoi allievi, ed è così che il Nostro, confermando un tempismo ed una fortuna difficili da spiegare, diventa due anni dopo (per Caso o Necessità?) coprotagonista di "Educazione affettiva", aggiungendo al suo curriculum i titoli di attore e sceneggiatore...
E siamo ad oggi. L'anno in corso è per lui il quarantesimo nel quale svolge, senza averci fatto l'abitudine, la funzione di insegnante. A sua discolpa si può solo dire che se ha trascurato una formazione professionale sistematica e canonica, per coltivare invece le passioni per la scrittura, il teatro, lo sport e l'equitazione da campagna, è anche vero che ha reinvestito senza risparmio nel suo lavoro tutto il profitto ottenuto da queste passioni. Forse da questo atteggiamento hanno tratto vantaggi, del tutto indiretti e quindi solidissimi, i suoi allievi che, per la verità, non si sono mai lamentati. Non a voce alta almeno.
D'altra parte lui non ha mai smesso di considerarli degli eccezionali ed esigentissimi compagni di gioco, perché ha almeno imparato che per i bambini nessuna attività è più seria del gioco e l'unico peccato che non perdonano, oltre alla perdita dell'autenticità, è l'abbandono della dimensione del divertimento.