Come si riconosce un'opera d'arte?
"...secondo me i'Bottjcelli i piedi non li sapeva disegnare..."
"...secondo me i'Bottjcelli i piedi non li sapeva disegnare..."
Dolce,
inesorabile Aurora. Solo l'impietosa ingenuità
di una critica di sei anni poteva formulare un giudizio così perentorio,
proprio al centro della galleria degli Uffizi, ed al cospetto di un mostro
sacro. Come affermare che il re è
nudo ad un pranzo di corte...
Partecipavo
con la mia classe, una prima elementare, ad un laboratorio di lettura di opere
pittoriche attraverso l'invenzione di favole, ispirate dai contenuti dei
dipinti stessi.
All'arrivo
alla galleria eravamo stati accolti da un'accompagnatrice, che ci aveva guidati
nella sala dove è ospitata
la famosissima tavola raffigurante la Nascita di Venere, del Botticelli.
Con il
metodo della lezione interattiva i bambini erano stati guidati
nell'elaborazione di ipotesi sull'identità
e sulle relazioni tra i vari personaggi del dipinto, in maniera da
costruire una storia che giustificasse le loro azioni, leggesse le loro
intenzioni, interpretasse i loro pensieri, raccontasse cosa era successo prima
e prevedesse gli sviluppi futuri della situazione descritta dal pittore.
La
proposta era senz'altro suggestiva, lo avevamo giudicato un ottimo modo di
avviarsi alla comprensione dell'opera d'arte in maniera non accademica,
coinvolgente, libera e creativa.
Ma
quella mattina alle intenzioni non corrisposero risultati apprezzabili.
La
nostra accompagnatrice era una signora dai capelli grigi, piuttosto austera,
preparatissima ed autorevole, capace quindi di cogliere l'attenzione dei
bambini, ma dalla comunicativa non immediata.
Nonostante
il suo impegno, e i ripetuti tentativi di accendere l'inventiva dei ragazzi, la
discussione non riusciva a decollare e l'entusiasmo iniziale calò rapidamente in una
stanca parvenza di partecipazione.
I
bambini erano seduti in semicerchio sul pavimento della sala, ai primi sbadigli
e accenni a sdraiarsi in posizioni non adatte alla dignità del luogo, io e la
mia collega cominciammo a lanciargli occhiatacce e a muoverci tra di loro,
cercando di bloccare sul nascere le prevedibili manifestazioni di noia e
disagio dei ragazzi più
irrequieti.
Intervenimmo
anche nella discussione, con l'intenzione di mantenerla viva, facilitare gli
interventi e migliorare la comunicazione tra la guida ed il gruppo.
Alla
fine i nostri sforzi, e quelli della signora, ottennero solo di guidare i
ragazzi nella stesura di una favola piuttosto banale, dalla logica traballante
e non certo memorabile. Prima di terminare l'attività feci un ultimo, patetico, tentativo
di darle un senso e verificarne i risultati:
"...adesso che ci avete inventato una storia, cosa pensate di
questo quadro e del pittore che l'ha dipinto?..."
"...secondo
me i'Bottjcelli i piedi non li sapeva disegnare..."
Cara,
ineffabile Aurora. A domanda stupida, risposta spiazzante.
Con la
mia collega ci scambiammo uno sguardo deluso: eravamo arrivati in uno dei
templi della cultura occidentale carichi di aspettative positive e adesso tutti
e due stavamo pensando che quell'esperienza era stata prematura, che i bambini
erano ancora troppo piccoli per cogliere la grandezza di quello che avevano
davanti, che avevamo sopravvalutato le loro capacità e i loro strumenti di comprensione.
Un
tentativo fallito, un'occasione bruciata, che era costata oltre tutto una gran
fatica, a noi e ai ragazzi. Meglio mollare quindi; dicemmo ai bambini che potevano alzarsi e fu per tutti un grande
sollievo. Ci sembrava di essere rimasti in quella situazione per un tempo
infinito, invece la signora ci disse che l'ora a nostra disposizione non era
finita, potevamo ancora visitare altre sale della galleria e, più per il nostro
piacere che per quello dei bambini, cominciammo a vagare liberamente per il
museo.
Non
avevamo molto tempo e dopo la forzata immobilità
davanti alla Venere fu piacevole passare velocemente da una sala
all'altra, distrattamente, con l'unica preoccupazione di mantenere il gruppo
compatto, in maniera che nessuno si perdesse o combinasse qualche guaio.
Fino alla
sala 15.
Non
ricordo chi fu il primo a girare la testa e trattenere improvvisamente il
fiato.
"...ma
questo sapeva disegnare!..."
In meno
di un secondo erano tutti immobili, silenziosi, i pensieri sospesi, le facce
attente, gli sguardi concentrati su un dipinto, nemmeno troppo grande,
collocato al centro della sala, più
o meno all'altezza dei loro sguardi.
L'"Annunciazione"
di Leonardo da Vinci.
Rimasero
così per
minuti, senza chiederci niente, forse percorrendo con lo sguardo ogni dettaglio
del quadro, forse immersi nell'equilibrio e nell'armonia dell'insieme.
Se ne
staccarono lentamente, pochi alla volta, allontanandosi alla spicciolata,
trasognati, parlottando tra di loro a
voce bassa. Non so di cosa, probabilmente piccole questioni del loro quotidiano
stare insieme.
Né la mia collega né io gli chiedemmo
mai cosa li avesse spinti a fermarsi proprio di fronte a quel quadro tra tanti.
Ci sono attimi che li sciupi anche solo a ripensarci, figuriamoci a parlarne,
già è un
azzardo spericolato provare a raccontarli per scritto.
Cosa
avevano scoperto in Leonardo? Possiamo considerare quello che è accaduto la prova
che l'Annunciazione è,
senza alcun dubbio, Arte? E allora Botticelli? Se accettiamo il criterio
dobbiamo forse considerarlo un pittore minore?
Ovviamente
le cose non sono così
semplici.
Però quei due/tre
minuti di raccoglimento totale di fronte a Maria e all'Angelo, a quei volti, a
quelle ali, a quel paesaggio, a quel raffinatissimo gioco di prospettiva,
volutamente erroneo, fanno pensare che, forse, non esiste un'età per scoprire e
leggere e godere un'opera d'arte, e nemmeno opere troppo difficili perché un bambino possa
interpretarle o metodi particolari per avvicinarle e tutoraggi indispensabili
per analizzarle.
Gli
organizzatori della visita guidata avevano scelto la Venere perché la consideravano
un'immagine immediata, semplice, leggibile: la bellezza, il mare, la
conchiglia, il bosco, i venti, la ninfa... Invece avrebbero dovuto guardare con
più attenzione
i piedi della dea, in effetti un po' sgraziati e posti esattamente all'altezza
degli occhi dei bambini, che sono critici ancora privi di sovrastrutture e che
quindi badano al sodo.
Infatti
a nessuno di loro era sfuggito che la tela di Leonardo, malgrado la sua
insondabile complessità,
può essere
pienamente riassunta nella più
elementare delle categorie artistiche: "...ma questo sapeva
disegnare!..."
All'uscita
Il tempo
della visita, che aveva trovato da sola il suo senso, era finito e la nostra
guida ci riaccompagnò
all'uscita con un'andatura claudicante, dovuta probabilmente ad
un'affezione poliomielitica.
Precedeva
i ragazzi, parlando con la mia collega, ed una volta raggiunta la monumentale
scalinata d'accesso iniziò
a scenderla portando avanti ad ogni gradino la gamba destra e facendola
raggiungere dalla sinistra, con un ritmico dondolio di tutto il corpo minuto.
I
ragazzi osservavano incuriositi questo modo di procedere oscillante, che gli
doveva sembrare bizzarro, finché
quello che seguiva la signora più
vicino cominciò
ad imitarne l'andatura.
Ero in
fondo alla fila e mi affrettai per raggiungerlo e farlo smettere, ma avevo
fatto solo pochi passi che già
il movimento aveva contagiato quasi tutti i ragazzi. Adesso chi si fosse
affacciato in cima alla scalinata, avrebbe visto uno sciame di personcine
scenderla esattamente con lo stesso ritmo e lo stesso tempo sincopato
dell'anziana signora che li precedeva. Uno spettacolo irriverente, ma
dall'effetto innegabilmente comico.
Ero
terrorizzato dalla possibilità
che la signora si voltasse e scoprisse cosa stava succedendo alle sue
spalle, avrei voluto richiamare i ragazzi, rimproverarli, farli smettere, ma
qualunque cosa avessi fatto rischiava di attirare l'attenzione della
"vittima" su quello che poteva sembrare uno scherzo di cattivo gusto.
Così rimasi zitto,
trattenendo il fiato fino alla fine della scalinata e incrociando le dita.
Intanto
mi ripromettevo di far pagare caro ai ragazzi quel comportamento. Appena fosse
stato possibile.
Quando
la signora arrivò in
fondo ed interruppe il suo dondolio anche i ragazzi lo abbandonarono, tutti
insieme, come un piccolo esercito a cui fosse stato ordinato il riposo.
La
stavano prendendo in giro? Certo non posso escludere che nelle loro intenzioni
ci fosse una percentuale di irrisione, come succede in quasi tutte le
manifestazioni umane, ma penso fosse molto piccola.
Credo
che per loro scendere la scalinata in quello strano modo fosse soprattutto un
gioco e vedessero nella signora la capofila, la compagna che detta le regole,
quella che si copre gli occhi e dice "...un, due, tre, stella.." E
poi si volta per scoprire chi si sta ancora muovendo. Solo che questa volta il
trucco era proprio arrivare in fondo senza che lei si voltasse, tenendo il
ritmo, a tempo con tutti gli altri.
Penso
anche che sperimentare le caratteristiche delle altre persone, e le difficoltà con cui sono costrette a convivere, ce
le faccia vicine, ci aiuti a capirle, allarghi la comprensione di noi stessi. È anche un principio
della formazione attoriale, e i bambini sono degli attori naturali, capaci di
entrare ed uscire da personaggi diversi
in tempi rapidissimi.
Infatti,
arrivati in fondo alla scala, salutarono la signora senza alcuna malizia
apparente, sorridendole, agitando le manine, dicendole "...ciao..."
in coro. E dimenticandola subito dopo, ad un livello cosciente, per portarsene
dietro un pezzetto per sempre: un buffo modo di scendere le scale, invece che
una più o meno
riuscita lezione di storia dell'arte.
Se ora
ripenso alla mia irritazione/ansia mentre scendevo la scalinata credo che il
mio silenzio, e il non aver rimproverato nemmeno dopo i ragazzi, sia stato il
mio modo di accettare e partecipare a quel gioco.
Forse se
anch'io, là in
fondo e non visto, avessi oscillato un po' insieme a loro, non ci sarebbe stato
nulla di male.
Paolo
Scopetani
Sinceramente.. spero che a mio figlio non capiti mai un insegnante come lei
RispondiEliminaGentile Alice,
Eliminapenso ci siano molte ragioni per augurarsi un insegnante migliore di me, ma credo che sia difficile rintracciarle nell'articolo "Uffizi". Evidentemente qualcosa in quello che ho scritto ha urtato la sua sensibilità, e di questo mi dispiaccio, ma non riesco a capire cosa sia. Probabilmente si tratta di un equivoco, dovuto sicuramente ad un mio difetto di esposizione. Se lei potesse motivare meglio la sua affermazione, molto perentoria, le sarei grato, questo potrebbe riparare ad un'incomprensione o avviare un dibattito non inutile. Grazie,
Paolo Scopetani
Personalmente trovo molto delicato e sincero questo episodio di vita scolastica. I bambini non hanno remore, né verso i grandi artisti, né nei confronti della diversità. Forse in un mondo in cui tutti zoppicano, chi zoppica davvero non si sentirà diverso. E se questo fosse un nuovo modello di integrazione?
RispondiEliminaSinceramente mi auguro che a mio figlio capiti un insegnante come voi due!! !
RispondiEliminaSono così preoccupata di come si dimostrano poco comprensive e rigide le maestre di mio figlio seienne chiedendo a noi genitori di dirgli di stare seduto e fermo senza parlare a scuola perché disturba.. . Siete un eccezione (come spero ce ne siano altri) ...