domenica 25 ottobre 2015

Uffizi


Come si riconosce un'opera d'arte?

"...secondo me i'Bottjcelli i piedi non li sapeva disegnare..."

Dolce, inesorabile Aurora. Solo l'impietosa ingenuità di una critica di sei anni poteva formulare un giudizio così perentorio, proprio al centro della galleria degli Uffizi, ed al cospetto di un mostro sacro. Come affermare che il re è nudo ad un pranzo di corte...

Partecipavo con la mia classe, una prima elementare, ad un laboratorio di lettura di opere pittoriche attraverso l'invenzione di favole, ispirate dai contenuti dei dipinti stessi.
All'arrivo alla galleria eravamo stati accolti da un'accompagnatrice, che ci aveva guidati nella sala dove è ospitata la famosissima tavola raffigurante la Nascita di Venere, del Botticelli.
Con il metodo della lezione interattiva i bambini erano stati guidati nell'elaborazione di ipotesi sull'identità e sulle relazioni tra i vari personaggi del dipinto, in maniera da costruire una storia che giustificasse le loro azioni, leggesse le loro intenzioni, interpretasse i loro pensieri, raccontasse cosa era successo prima e prevedesse gli sviluppi futuri della situazione descritta dal pittore.
La proposta era senz'altro suggestiva, lo avevamo giudicato un ottimo modo di avviarsi alla comprensione dell'opera d'arte in maniera non accademica, coinvolgente, libera e creativa.
Ma quella mattina alle intenzioni non corrisposero risultati apprezzabili.
La nostra accompagnatrice era una signora dai capelli grigi, piuttosto austera, preparatissima ed autorevole, capace quindi di cogliere l'attenzione dei bambini, ma dalla comunicativa non immediata.
Nonostante il suo impegno, e i ripetuti tentativi di accendere l'inventiva dei ragazzi, la discussione non riusciva a decollare e l'entusiasmo iniziale calò rapidamente in una stanca parvenza di partecipazione.
I bambini erano seduti in semicerchio sul pavimento della sala, ai primi sbadigli e accenni a sdraiarsi in posizioni non adatte alla dignità del luogo, io e la mia collega cominciammo a lanciargli occhiatacce e a muoverci tra di loro, cercando di bloccare sul nascere le prevedibili manifestazioni di noia e disagio dei ragazzi più irrequieti.
Intervenimmo anche nella discussione, con l'intenzione di mantenerla viva, facilitare gli interventi e migliorare la comunicazione tra la guida ed il gruppo.
Alla fine i nostri sforzi, e quelli della signora, ottennero solo di guidare i ragazzi nella stesura di una favola piuttosto banale, dalla logica traballante e non certo memorabile. Prima di terminare l'attività feci un ultimo, patetico, tentativo di darle un senso e verificarne i risultati:  "...adesso che ci avete inventato una storia, cosa pensate di questo quadro e del pittore che l'ha dipinto?..."

"...secondo me i'Bottjcelli i piedi non li sapeva disegnare..."

Cara, ineffabile Aurora. A domanda stupida, risposta spiazzante.
Con la mia collega ci scambiammo uno sguardo deluso: eravamo arrivati in uno dei templi della cultura occidentale carichi di aspettative positive e adesso tutti e due stavamo pensando che quell'esperienza era stata prematura, che i bambini erano ancora troppo piccoli per cogliere la grandezza di quello che avevano davanti, che avevamo sopravvalutato le loro capacità e i loro strumenti di comprensione.
Un tentativo fallito, un'occasione bruciata, che era costata oltre tutto una gran fatica, a noi e ai ragazzi. Meglio mollare quindi; dicemmo ai bambini  che potevano alzarsi e fu per tutti un grande sollievo. Ci sembrava di essere rimasti in quella situazione per un tempo infinito, invece la signora ci disse che l'ora a nostra disposizione non era finita, potevamo ancora visitare altre sale della galleria e, più per il nostro piacere che per quello dei bambini, cominciammo a vagare liberamente per il museo.
Non avevamo molto tempo e dopo la forzata immobilità davanti alla Venere fu piacevole passare velocemente da una sala all'altra, distrattamente, con l'unica preoccupazione di mantenere il gruppo compatto, in maniera che nessuno si perdesse o combinasse qualche guaio.
Fino alla sala 15.

Non ricordo chi fu il primo a girare la testa e trattenere improvvisamente il fiato.

"...ma questo sapeva disegnare!..."

In meno di un secondo erano tutti immobili, silenziosi, i pensieri sospesi, le facce attente, gli sguardi concentrati su un dipinto, nemmeno troppo grande, collocato al centro della sala, più o meno all'altezza dei loro sguardi.
L'"Annunciazione" di Leonardo da Vinci.
Rimasero così per minuti, senza chiederci niente, forse percorrendo con lo sguardo ogni dettaglio del quadro, forse immersi nell'equilibrio e nell'armonia dell'insieme.
Se ne staccarono lentamente, pochi alla volta, allontanandosi alla spicciolata, trasognati,  parlottando tra di loro a voce bassa. Non so di cosa, probabilmente piccole questioni del loro quotidiano stare insieme.
Né la mia collega né io gli chiedemmo mai cosa li avesse spinti a fermarsi proprio di fronte a quel quadro tra tanti. Ci sono attimi che li sciupi anche solo a ripensarci, figuriamoci a parlarne, già è un azzardo spericolato provare a raccontarli per scritto.
Cosa avevano scoperto in Leonardo? Possiamo considerare quello che è accaduto la prova che l'Annunciazione è, senza alcun dubbio, Arte? E allora Botticelli? Se accettiamo il criterio dobbiamo forse considerarlo un pittore minore?
Ovviamente le cose non sono così semplici.

Però quei due/tre minuti di raccoglimento totale di fronte a Maria e all'Angelo, a quei volti, a quelle ali, a quel paesaggio, a quel raffinatissimo gioco di prospettiva, volutamente erroneo, fanno pensare che, forse, non esiste un'età per scoprire e leggere e godere un'opera d'arte, e nemmeno opere troppo difficili perché un bambino possa interpretarle o metodi particolari per avvicinarle e tutoraggi indispensabili per analizzarle.
Gli organizzatori della visita guidata avevano scelto la Venere perché la consideravano un'immagine immediata, semplice, leggibile: la bellezza, il mare, la conchiglia, il bosco, i venti, la ninfa... Invece avrebbero dovuto guardare con più attenzione i piedi della dea, in effetti un po' sgraziati e posti esattamente all'altezza degli occhi dei bambini, che sono critici ancora privi di sovrastrutture e che quindi badano al sodo.
Infatti a nessuno di loro era sfuggito che la tela di Leonardo, malgrado la sua insondabile complessità, può essere pienamente riassunta nella più elementare delle categorie artistiche: "...ma questo sapeva disegnare!..." 

All'uscita

Il tempo della visita, che aveva trovato da sola il suo senso, era finito e la nostra guida ci riaccompagnò all'uscita con un'andatura claudicante, dovuta probabilmente ad un'affezione poliomielitica.
Precedeva i ragazzi, parlando con la mia collega, ed una volta raggiunta la monumentale scalinata d'accesso iniziò a scenderla portando avanti ad ogni gradino la gamba destra e facendola raggiungere dalla sinistra, con un ritmico dondolio di tutto il corpo minuto.
I ragazzi osservavano incuriositi questo modo di procedere oscillante, che gli doveva sembrare bizzarro, finché quello che seguiva la signora più vicino cominciò ad imitarne l'andatura.
Ero in fondo alla fila e mi affrettai per raggiungerlo e farlo smettere, ma avevo fatto solo pochi passi che già il movimento aveva contagiato quasi tutti i ragazzi. Adesso chi si fosse affacciato in cima alla scalinata, avrebbe visto uno sciame di personcine scenderla esattamente con lo stesso ritmo e lo stesso tempo sincopato dell'anziana signora che li precedeva. Uno spettacolo irriverente, ma dall'effetto innegabilmente comico.
Ero terrorizzato dalla possibilità che la signora si voltasse e scoprisse cosa stava succedendo alle sue spalle, avrei voluto richiamare i ragazzi, rimproverarli, farli smettere, ma qualunque cosa avessi fatto rischiava di attirare l'attenzione della "vittima" su quello che poteva sembrare uno scherzo di cattivo gusto.
Così rimasi zitto, trattenendo il fiato fino alla fine della scalinata e incrociando le dita.
Intanto mi ripromettevo di far pagare caro ai ragazzi quel comportamento. Appena fosse stato possibile.
Quando la signora arrivò in fondo ed interruppe il suo dondolio anche i ragazzi lo abbandonarono, tutti insieme, come un piccolo esercito a cui fosse stato ordinato il riposo.
La stavano prendendo in giro? Certo non posso escludere che nelle loro intenzioni ci fosse una percentuale di irrisione, come succede in quasi tutte le manifestazioni umane, ma penso fosse molto piccola.
Credo che per loro scendere la scalinata in quello strano modo fosse soprattutto un gioco e vedessero nella signora la capofila, la compagna che detta le regole, quella che si copre gli occhi e dice "...un, due, tre, stella.." E poi si volta per scoprire chi si sta ancora muovendo. Solo che questa volta il trucco era proprio arrivare in fondo senza che lei si voltasse, tenendo il ritmo, a tempo con tutti gli altri.
Penso anche che sperimentare le caratteristiche delle altre persone, e le difficoltà  con cui sono costrette a convivere, ce le faccia vicine, ci aiuti a capirle, allarghi la comprensione di noi stessi. È anche un principio della formazione attoriale, e i bambini sono degli attori naturali, capaci di entrare  ed uscire da personaggi diversi in tempi rapidissimi.
Infatti, arrivati in fondo alla scala, salutarono la signora senza alcuna malizia apparente, sorridendole, agitando le manine, dicendole "...ciao..." in coro. E dimenticandola subito dopo, ad un livello cosciente, per portarsene dietro un pezzetto per sempre: un buffo modo di scendere le scale, invece che una più o meno riuscita lezione di storia dell'arte.
Se ora ripenso alla mia irritazione/ansia mentre scendevo la scalinata credo che il mio silenzio, e il non aver rimproverato nemmeno dopo i ragazzi, sia stato il mio modo di accettare e partecipare a quel gioco.
Forse se anch'io, là in fondo e non visto, avessi oscillato un po' insieme a loro, non ci sarebbe stato nulla di male.

Paolo Scopetani

4 commenti :

  1. Sinceramente.. spero che a mio figlio non capiti mai un insegnante come lei

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    1. Gentile Alice,
      penso ci siano molte ragioni per augurarsi un insegnante migliore di me, ma credo che sia difficile rintracciarle nell'articolo "Uffizi". Evidentemente qualcosa in quello che ho scritto ha urtato la sua sensibilità, e di questo mi dispiaccio, ma non riesco a capire cosa sia. Probabilmente si tratta di un equivoco, dovuto sicuramente ad un mio difetto di esposizione. Se lei potesse motivare meglio la sua affermazione, molto perentoria, le sarei grato, questo potrebbe riparare ad un'incomprensione o avviare un dibattito non inutile. Grazie,

      Paolo Scopetani

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  2. Personalmente trovo molto delicato e sincero questo episodio di vita scolastica. I bambini non hanno remore, né verso i grandi artisti, né nei confronti della diversità. Forse in un mondo in cui tutti zoppicano, chi zoppica davvero non si sentirà diverso. E se questo fosse un nuovo modello di integrazione?

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  3. Sinceramente mi auguro che a mio figlio capiti un insegnante come voi due!! !
    Sono così preoccupata di come si dimostrano poco comprensive e rigide le maestre di mio figlio seienne chiedendo a noi genitori di dirgli di stare seduto e fermo senza parlare a scuola perché disturba.. . Siete un eccezione (come spero ce ne siano altri) ...

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