Esco
presto stamattina, mi aspetta un ennesimo nuovo inizio. Prendo l’ascensore
perché sono ancora assonnato, inforco la bicicletta e parto in direzione della
mia scuola. Penso alla giornata che mi aspetta, progettata nei minimi
particolari insieme ai miei colleghi, all’accoglienza dei nuovi arrivi,
all’emozione dei bambini nel rivedersi e un po’ anche all’imbarazzo
nell’incontrarsi… dopo tanto tempo. Al semaforo ad aspettare che scatti il
verde mi trovo insieme a un bambino che abita nel mio palazzo, ha il grembiule
e lo zainetto e sta protestando in modo fermo e risoluto con la sua mamma: …ti ho detto che non ci voglio andare a
scuola! - la mamma pazientemente
cerca di convincere il figlio: Dai
Giovanni, anche Giulio va a scuola…tutti
i bambini quando diventano grandi come te vanno a scuola…il piccolo
bimbetto, che probabilmente è al suo primo giorno di scuola primaria insiste: a me non mi importa cosa fa Giulio e cosa
fanno tutti i bambini della mia età, io non voglio andarci a scuola, se loro ci
vogliono andare io non gli dico mica niente! Si mette male, la mamma con
tono un po’ più deciso tenta la strada del dovere: Giovanni a scuola i bambini ci devono andare, non si può non andare, la
scuola è un obbligo...il bambino replica prontamente: allora mamma te e il babbo mi obbligate ad andare a scuola, mi
costringete, anche se io non ci voglio andare…quindi la scuola è come prendere
la medicina quando si sta male…ma io sto bene non sono malato! Ormai il
verde è scattato varie volte ma nonostante sappia che rischio di arrivare in
ritardo sono rapito dai ragionamenti di Giovanni e sono curioso di capire come
ne uscirà la mamma: ma no amore, a scuola
si imparano tante cose, si conoscono tanti amici… il bambino ora fissa
minaccioso sua madre, poi si guarda le dita e iniziando a contare dice: uno io di amici ne ho tanti e mi bastano
quelli che ho, due io imparo tante cose anche a stare a casa, ad andare a giro
a fare la spesa con la nonna, a stare da solo in terrazzo a vedere le persone
che passano mentre nonna cucina e a farmi raccontare le storie da nonno. La
mamma ormai esausta non sa più con quali argomenti poter persuadere il proprio
figlio, ad un tratto le si illumina il viso, mi ha visto, mi ha riconosciuto,
ci salutiamo appena – “buon giorno” e “buona sera” – ma sa che di mestiere
faccio il maestro: Giovanni, lo riconosci
il signore del quarto piano? Sai che lui è un maestro? Chiediamoglielo a lui se
devi andare a scuola… il suo tono ora è tra il minaccioso e il disperato, Giovanni
mi squadra dall’alto in basso poi, dopo un po’ di esitazione mi chiede: a te piace andare a scuola? Senza alcuna
esitazione gli rispondo affermativamente. Lui altrettanto velocemente mi
chiede: perché? Ecco, i bambini
vogliono sapere sempre il perché delle cose, non si accontentano mai della
prima risposta…indugio un attimo e poi gli rispondo: perché mi diverto…; e ci giochi con i bambini? – mi incalza
Giovanni – certo! Gli rispondo immediatamente.
Ma poi
smetti di giocarci perché devi andare a lavorare vero? Mentre sorrido interviene la mamma: ma no Giovanni, è il suo lavoro!
Giovanni mi guarda incredulo e aggiunge: allora
tutti i genitori dovrebbero fare di lavoro i maestri…ma ti pagano? Beh…sì…per ora… rispondo un po’
imbarazzato…Mamma allora ho deciso, io
non voglio andare a scuola ora ma da grande voglio fare il maestro…l’ultima
frase pronunciata da Giovanni strappa un sorriso sia a sua madre che a me,
guardo l’orologio, è veramente tardi, il semaforo è un’altra volta verde,
riparto a pedalare velocemente e lascio Giovanni al prologo del suo primo
giorno di scuola: non è ancora entrato in classe ma ha già capito l’essenza del
mio lavoro: mi pagano (poco) per divertirmi (tanto)…e finché mi divertirò varrà
la pena fare questo mestiere per me e per tutti i Giovanni che incontrerò.Matteo Bianchini
Ben detto Matteo, disgraziatamente non è una legge universale ma per chi lo apprezza, è davvero un regalo. Buon anno scolastico a te e a tutti i Giovanni che non incontreremo.
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